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(di Simone Perotti)

Attraversare una porta che sembra un gateway verso un altro mondo. A questo somiglia entrare nei Cantieri Valdettaro delle Grazie a La Spezia. Dal mondo delle app, della tecnologia spinta, dei rendering realizzati da laser e stampanti 3D… al mondo delle mani, della resina, dei martelli, dei cunei, delle pialle. Anzi, no: al mondo delle idee, delle misure, delle proporzioni tramandate di padre in figlio, da “anziano a giovane, perché c’è un sapere che non si scrive nei libri, non solo almeno, e neppure si spiega con un tutorial su YouTube. Si può soltanto fare, spalla a spalla, sudore a sudore, nel tempo dilatato che serve per fare esperienza. Ecco dove porta quel gatewayI Cantieri Valdettaro hanno storia da vendere, e rappresentano per metonimia l’intero sistema dei saperi spezzini, decenni, centinaia d’anni dedicati a imparare e tramandare l’opera immensa del mare, delle barche, del legno, delle mani. I maestri d’ascia di qui furono presi e devoluti nell’industria aeronautica, perché nessuno come loro sapeva come piegare legno e incastri per far scorrere un oggetto in un fluido, senza che si rompesse.

E Progetto Mediterranea ha avuto il grande privilegio di entrare in questo circo delle mani e dell’occhio, ospite per un giorno, guidati da un capocantiere che dice “io sono il responsabile, ma qui siamo tutti responsabili, ognuno del pezzo che sta realizzando, ognuno di tutto”. E così siamo saliti sui ponteggi che portano ai vari livelli di lavorazione del Vera Mary – goletta aurica appartenuta a Re Giorgio V d’Inghilterra, 1930 – e del Capricia – un tempo della famiglia Agnelli e poi donata alla Marina Militare, 1963 -, la prima ancora in realizzazione dopo un recupero conservativo durato già due anni, il secondo già col guscio chiuso e il ponte ormai in allestimento, quasi prossimo al termine e al varo. E intorno c’erano padri e figli, generazioni di artigiani e maestri d’ascia, intenti a togliere una frazione di millimetro di legno di troppo a un’asse, un trincarono, un tratto d’impavesata, perché quel legno deve tenere al mare, deve essere bello, “deve essere com’era”.

Forse qualcuno ricorderà il Lulworth, lo splendido clipper che Progetto Mediterranea incontrò a Bizerte, in Tunisia, oggetto di un epico salvataggio dalla distruzione… Ecco, fu salvato qui, l’unico posto che poteva ridargli la vita, nella rada delle Grazie. Qualcuno in questa baia naturale splendida vuole costruire un porticciolo… ma questo posto è il Louvre delle barche di legno, e deve, deve restare com’è. Anzi, deve essere implementato, arricchito, sostenuto, collegato a gente orgogliosa di viverci, consapevole del concentrato di sapere e di storia straordinario che ha in casa. La bellezza vera, materiale, pesante che qualcuno riporta da viaggi nel Solent, o in Massachusset, ma che ha qui il suo olimpo.